1. L’attività di pronto intervento per la sicurezza stradale e la tutela ambientale è attività primaria degli enti locali tanto da rientrare a pieno diritto nel novero dei servizi pubblici essenziali.
Ed infatti le normative di riferimento ne impongono l’erogazione in quanto individuata come una delle prestazioni indispensabili volte ad assicurare il rispetto di valori e di diritti costituzionalmente tutelati. Basti pensare che ai sensi degli articoli 1 e 2 della legge 12 giugno 1990, n. 146 come modificati ed integrati dagli artt. 1 e 2 della legge 11 aprile 2000, n. 83 il servizio attinente alla rete stradale (ivi compreso lo sgombero delle nevi), idrica, fognaria e di depurazione, con ridotto numero di squadre di pronto intervento in reperibilità 24 ore su 24;), deve essere svolto anche in caso di astensione dal lavoro per sciopero in quanto indicato come servizio essenziale.
Ricollegandoci alla considerazione svolta dal legislatore si comprende come i valori costituzionali che entrano in gioco in riferimento al servizio in oggetto sono in primis il bene vita ed il bene salute.
Puntare al raggiungimento di una maggiore sicurezza stradale rappresenta un obiettivo così sensibile e così importante da essere avvertito non solo nell’ambito dei confini nazionali ma anche a livello internazionale. Tra il 2001 e il 2010 il numero delle vittime della strada nell’UE è diminuito del 43 %, quindi di un ulteriore 21 % tra il 2010 e il 2018. Nel 2018, tuttavia, sulle strade dell’UE hanno perso la vita ancora 25 100 persone e circa 135 000 sono rimaste gravemente ferite[1].
Nel documento di lavoro del giugno 2019 (Quadro dell’UE 2021-2030 per la sicurezza stradale – Prossime tappe verso l’obiettivo “zero vittime” (“Vision Zero”) la Commissione Europea ha riaffermato il principio della Vision Zero già tracciata nel 2011 con il libro bianco “Tabella di marcia verso uno spazio unico europeo dei trasporti – Per una politica dei trasporti competitiva e sostenibile”, con l’obiettivo di ridurre i feriti gravi in conseguenza di incidenti stradali in Europa.
La politica per la sicurezza stradale deve porre i cittadini al centro della sua azione, inducendoli a farsi carico della sicurezza propria e altrui. La politica per la sicurezza stradale dell’UE si prefigge di aumentare il livello della sicurezza stradale e garantire una mobilità sicura e rispettosa dell’ambiente per i cittadini di tutta Europa; essa dovrà favorire l’equità tra gli utenti della strada attraverso azioni mirate finalizzate al miglioramento della sicurezza degli utenti più vulnerabili[2].
Strettamente connesso al bene salute è la salvaguardia dell’ambiente che trova ingresso nella Costituzione proprio per il tramite dell’art. 32 della Costituzione (Tutela della salute) letto in combinato con l’art. 9 (sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica); il diritto ad un ambiente salubre si inquadra pertanto fra i diritti della personalità, collocandolo con il diritto alla salute tra i diritti fondamentali ed inviolabili dell’uomo, sostenendo altresì la compatibilità tra concezione del diritto soggettivo dell’ambiente e la concezione oggettiva del bene ambiente sotto il profilo dell’interesse generale della collettività[3].
Il diritto ad un ambiente salubre ha subito un’ulteriore evoluzione attraendo anche le nuove esigenze di sostenibilità introdotte dall’Unione Europea.
La stessa Commissione Europea attribuisce alle autorità locali un ruolo fondamentale nel passaggio al nuovo modello di Sviluppo Sostenibile, e al raggiungimento degli ambiziosi obiettivi di riduzione dell’inquinamento fissati dal Green Deal Europeo.
L’integrazione tra le politiche ambientali, lo sviluppo economico e sociale richiedono l’individuazione di azioni e strumenti atte a tutelare l’integrità fisica ed ambientale e l’identità culturale del territorio nell’ottica dello sviluppo sostenibile.
D’altronde la politica dell’Unione in materia di ambiente si fonda sui principi della precauzione, dell’azione preventiva e della correzione alla fonte dei danni causati dall’inquinamento, nonché sul principio «chi inquina paga»[4].
La sostenibilità di un territorio si misura anche nel livello di capacità che questo ha nel ridurre l’impatto dei rifiuti e nella competenza di reintegrare l’ambiente e più in generale nel grado di resilienza rispetto ad eventi dannosi che generano rifiuti ed inquinamento.
La circolazione stradale ed in particolare i sinistri stradali hanno un impatto considerevole sulla strategia descritta, in quanto considerata una delle attività antropiche più deleterie. Ragionando in termini economici, un recente studio ha stimato che, se si considera solo l’aspetto economico, gli incidenti stradali nell’UE hanno un costo annuale di circa 280 miliardi di EUR, equivalente al 2 % circa del PIL[5].
In questo contesto si inserisce il servizio di ripristino delle condizioni di sicurezza stradale e di reintegra delle matrici ambientali compromesse dagli incidenti stradali.
Il servizio si estrinseca non solo nel recupero dei rifiuti urbani solidi ma anche nell’attività di bonifica delle matrici ambientali insidiate in primis dai liquidi di gestione dei veicoli risultati dispersi a seguito delle collisioni.
Il servizio permette di abbattere le percentuali di liquidi inquinanti e di detriti solidi rilasciati sul territorio da considerarsi come categorie di rifiuti urbani, seguendo la classificazione dettata dall’art. 183 lettera c) e d) del D.lgs.2006 per la quale sono rifiuti urbani i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade o i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d’acqua.
In via di prima approssimazione rileviamo “rifiuti stradali evidenti” (lamierati, frammenti di vetro, strutture plastiche, tessuti, gomme) e “rifiuti stradali evanescenti” (per lo più liquidi: lubrificanti, carburanti, refrigeranti) che si distinguono anche in base alla sorte: i primi vanno ad integrare l’ “arredo” degli spazi adiacenti al piano viabile dopo essere stati rimossi dal punto dell’incidente, gli altri rimangono sul fondo stradale in attesa di una dispersione apparente favorita dai transiti veicolari e dalle precipitazioni atmosferiche[6].
Dalla breve disamina svolta e dai valori ed interessi collettivi coinvolti agevolmente si comprende la connotazione di servizio di pubblica utilità del servizio di ripristino post-incidente ed in quanto tale deve rispondere a determinati caratteri propri di ogni servizio essenziale: la doverosità, la continuità, la parità di trattamento, l’universalità ed economicità.
D’altra parte la qualificazione di servizio di pubblica utilità ben si coniuga con l’inquadramento affidato al parere dell’ANAC che ha ricondotto la tipologia di affidamento predisposta dagli Enti nell’ambito delle concessioni di servizi[7].
Orientamento in parte preceduto e poi confortato dalla giurisprudenza amministrativa[8] la quale ha inteso porre particolare rilievo a fattori che consistono nel riconoscimento di una certa libertà delle forme di individuazione dell’operatore economico, tali per cui le concessioni, collocate nel campo di applicazione degli articoli da 164 a 173 del D.ls. 50/2016, si contraddistinguono per la necessità che l’operatore economico finanzi la propria attività in maniera largamente prevalente attraverso la vendita dei servizi resi con l’attività economica, riducendosi, dunque, tendenzialmente verso lo zero l’onere economico (canone) a carico dell’amministrazione concedente.
In sostanza ed in base a quanto stabilito nei bandi di gara predisposti dagli Enti per l’individuazione dell’operatore affidatario, a fronte dell’affidamento il concessionario avrà l’onere di assicurare le modalità di intervento previste dal capitolato tecnico ricevendo unicamente il diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente il servizio.
Gli oneri, che non saranno richiesti alla Pubblica Amministrazione in qualità di gestore-proprietario della strada, sono a carico delle compagnie assicuratrici garanti dei danneggianti ed il rischio per le ipotesi di sversamento in cui rimanga sconosciuto il danneggiante e non sia pertanto possibile rivalersi su alcuna compagnia assicuratrice incomberà unicamente sul concessionario in virtù dell’alea cui si fa carico[9].
Dal punto di vista del diritto sostanziale l’utilità pubblica, o forse sarebbe meglio dire, la necessarietà del servizio, si evince dalla lettura combinata delle disposizioni contenute nel Decreto Legislativo n. 285 del 30 aprile 1992 “Codice della Strada”.
In particolare l’art. 14 nel disciplinare la responsabilità dell’Ente proprietario o gestore dell’infrastruttura stradale che deve provvedere a ripristinare, nel minor tempo possibile, le condizioni di viabilità e sicurezza dell’area interessata da incidenti, ha lo scopo di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione in generale.
Il Legislatore non a caso ha voluto porre in relazione diretta i concetti di sicurezza e di tempo, rafforzando l’idea della necessaria tempestività di azione.
Inoltre per consolidato orientamento giurisprudenziale si è individuata la responsabilità di carattere civile per la Pubblica Amministrazione e penale in capo agli Amministratori per i danni derivanti all’utenza mobile “dalla non adeguata manutenzione e dal non adeguato controllo dello stato delle strade”.
In effetti l’obbligo da parte dell’Ente di rimuovere le situazioni di pericolo alla circolazione si traduce inesorabilmente nel dovere di intervenire il prima possibile. Sicché a rilevare non è solo il bisogno di ripristinare le condizioni naturali per assicurare la circolazione di mezzi, ma soprattutto, la necessità di rimuovere il pericolo venutosi a creare.
Il su citato articolo sussume ed anticipa le finalità in un certo senso dell’art. 15 dello stesso codice il quale nel tipicizzare gli atti vietati, trasla la responsabilità dalla Pubblica Amministrazione ad ogni singolo soggetto evidenziando che su tutte le strade e loro pertinenze è vietato: a) danneggiare in qualsiasi modo le opere, le piantagioni e gli impianti che ad esse appartengono, alterarne la forma ed invadere od occupare la piattaforma e le pertinenze o creare comunque stati di pericolo per la circolazione; …… f) depositare rifiuti o materie di qualsiasi specie, insudiciare e imbrattare comunque la strada e le sue pertinenze; f-bis) insozzare la strada o le sue pertinenze gettando rifiuti o oggetti dai veicoli in sosta o in movimento; g) apportare o spargere fango o detriti anche a mezzo delle ruote dei veicoli provenienti da accessi e diramazioni; h) scaricare, senza regolare concessione, nei fossi e nelle cunette materiali o cose di qualsiasi genere o incanalare in essi acque di qualunque natura; i) gettare dai veicoli in movimento qualsiasi cosa.”.
La precedente nozione estende ed acclude tipologie di eventi che, non aderendo alla responsabilità dell’Ente proprietario della strada, afferiscono invece ai comportamenti del singolo censurando tutte le condotte illegittime e tese a compromettere la sicurezza stradale attraverso la manomissione delle pertinenze infrastrutturali, l’occupazione della carreggiata e l’abbandono di oggetti, anche in un’ottica tesa alla tutela del patrimonio ambiente.
La necessità di garantire la sicurezza nella circolazione viene poi ad essere ineludibilmente rafforzato dall’art. 161 del Codice della Strada il quale prevede la fattispecie secondo la quale, allorquando si verifichi la caduta o lo spargimento di materie viscide o infiammabili o comunque atte a creare pericolo o intralcio alla circolazione stradale, il conducente del veicolo, fonte della caduta o dello spargimento, deve provvedere immediatamente ad adottare ogni cautela necessaria per rendere sicura la circolazione e libero il transito (comma II), ed inoltre, deve provvedere a segnalare il pericolo agli altri viaggiatori ed informare del fatto l’Ente proprietario della strada o un organo di Polizia (comma III).
Tutto ciò è funzionalizzato a garantire il corretto ripristino delle condizioni di sicurezza della strada.
2. Pertanto gli enti locali dovrebbero garantire l’esecuzione del servizio in modo da non permetterne l’interruzione arbitraria. Ne consegue che gli stessi dovrebbero dotarsi di un piano di reperibilità al fine di garantire il servizio anche in fasce orarie non previste negli ordinari piani di turnazione del personale.
Ciò comporta uno spiegamento di forze economiche notevole, visto che il servizio necessita di squadre di intervento reperibili h24, di professionalità dotate di competenze specifiche difficilmente rinvenibili nell’ambito dell’organigramma di ogni ente, di un numero di mezzi adeguato alla copertura del territorio di riferimento dotati di strumentazione altamente specializzata.
Ma il servizio necessita anche dei seguenti ineludibili fattori:
- disponibilità di una centrale operativa che risponda a numero verde attivo in h24 per 365 giorni l’anno;
- organizzazione aziendale suddivisa in una struttura centrale (comprensiva di apposti comparti per la formazione, per la ricerca e l’innovazione, per il settore tecnico-ambientale, per l’elaborazione dei dati raccolti) ed una struttura periferica atta a consentire tempi di interventi commisurati alle necessità di risolvere le problematiche ambientali;
- possesso di certificazioni attestanti la qualità del modello organizzativo, con particolare riferimento alla gestione ambientale, come la ISO 14001 che identifica una norma tecnica dell’organizzazione internazionale per la normazione sui sistemi di gestione ambientale e fissa i requisiti di un sistema di gestione ambientale di una qualsiasi organizzazione e l’EMAS che attesta la volontà di migliorare le proprie prestazioni ambientali e fornire al pubblico e ad altri soggetti interessati informazioni sulla propria gestione ambientale;
- il ricorso a personale tecnico idoneamente formato e qualificato;
- utilizzo di strumentazione tecnologica complessa e di mezzi e prodotti ad impatto ambientale zero;
- possesso di idonea iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali per le Categorie 2bis (produttori iniziali di rifiuti non pericolosi), 5 (raccolta e trasporto di rifiuti speciali pericolosi), 8 (intermediazione e commercio di rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi) e preferibilmente 9 (bonifica di siti).
È evidente come la pubblica amministrazione, che quotidianamente è costretta a far fronte a difficoltà dovute a situazioni come il blocco delle assunzioni e le perdite in bilancio, al fine di tutelare la collettività con la predisposizione di servizi professionali, si trovi difronte ad una scelta obbligata, ovvero: affidare direttamente o indirettamente ad un privato il soddisfacimento del bisogno riconosciuto dall’ente stesso o provvedere in autonomia attraverso l’affidamento in house.
3. Il modello dell’affidamento in house per la gestione dei servizi pubblici locali è stato introdotto nell’ordinamento interno dall’art. 113, T.U.E.L., come modificato dall’art. 14 D.L. n. 269/03, convertito nella L. n. 326/03.
Nel dettaglio, l’art. 113, comma 5, lett. c), T.U.E.L., ha espressamente stabilito che l’erogazione del servizio pubblico locale può avvenire attraverso il conferimento della titolarità del servizio «a società a capitale interamente pubblico a condizione che l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano.».
Il testo della norma citata, nel chiaro intento legislativo di rimanere coerente con i principi comunitari, riproduce fedelmente le coordinate indicate proprio dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia in tema di in house providing.
La locuzione “in house providing” è utilizzata per designare quelle ipotesi nelle quali la pubblica amministrazione decide di ricorrere all’autoproduzione di beni, servizi e lavori, anziché rivolgersi al mercato rispettando procedure di evidenza pubblica (c.d. esternalizzazione, contracting out o outsourcing).
L’espressione in house providing è comparsa per la prima volta in sede comunitaria nel Libro Bianco sugli appalti del 1998, ma la prima definizione dell’istituto è stata fornita dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee con la storica sentenza “Teckal”.
Con la richiamata pronuncia, il Giudice comunitario ha stabilito un principio fondamentale in relazione alla necessità dell’espletamento di una procedura di evidenza pubblica in materia di appalti pubblici. In particolare, è stato evidenziato che la regola dell’evidenza pubblica può essere derogata, in via del tutto eccezionale, solo in presenza di due requisiti cumulativi: da una parte, si è detto che l’amministrazione aggiudicatrice deve esercitare nei confronti della società contraente un controllo analogo a quello da essa esercitato sui propri servizi; da un’altra parte, tale società contraente deve realizzare la parte più importante della propria attività con l’amministrazione o con le amministrazioni aggiudicatrici che la controllano.
Dopo la sentenza Teckal, emanata in riferimento ai soli appalti pubblici di servizi (di cui alla direttiva 93/36/CEE), la Corte di Giustizia ha applicato questa giurisprudenza a tutti gli appalti pubblici, nonché ai casi che non rientrano nell’ambito di applicazione di nessuna delle direttive in materia di aggiudicazione di appalti pubblici[10].
L’art. 113, comma 5, lettera c), T.U.E.L., ha esplicitamente applicato i cosiddetti “criteri Teckal” alla materia della gestione dei servizi pubblici locali.
Assumono quindi una valenza predominante nell’ambito dell’house providing i fattori del controllo analogo e della prevalenza del servizio reso in favore dell’Ente che esercita il controllo.
Sussiste un controllo analogo quando l’entità di cui trattasi è assoggettata a un controllo che consente all’amministrazione aggiudicatrice di influenzare le decisioni dell’entità medesima in modo determinante in ordine sia agli obiettivi strategici sia alle decisioni importanti di tale entità; in altri termini, l’amministrazione aggiudicatrice deve essere in grado di esercitare sull’ente strumentale un controllo strutturale, funzionale ed effettivo.
D’altra parte, analizzando il fattore relativo alla destinazione dell’attività svolta dal soggetto affidatario (c.d. dedizione), in linea generale si potrebbe sintetizzare il tutto affermando che la società in house deve svolgere le sue attività soprattutto per l’ente pubblico che la controlla. Può svolgere attività per altri solo per meno del 20%. Ciò significa che deve indirizzare i suoi servizi all’ente controllante, per più dell’80%.
Fondamentalmente questi sono anche ei fattori che distinguono le società in house rispetto le società che generalmente vengono classificate come “partecipate”.
Quindi non solo c’è un rapporto molto stretto tra società controllante e società in house, ma addirittura si può dire che la società in house è una longa manus dell’ente controllante e la finalità pubblica è predominante o esclusiva. Le società partecipate invece, hanno sempre capitale sociale che appartiene a uno o più enti pubblici, ma rimangono pur sempre enti di natura privata, dove il modello organizzativo è il risultato di un compromesso tra interessi pubblici e privati.
Sul punto è comunque importante ribadire che, anche le società in house providing, sono oggi qualificate come enti di diritto privato, dove comunque, l’interesse pubblico ha una valenza prevalente, proprio in virtù della natura stessa dell’ente che sostanzialmente è una società esterna di diritto privato ma che esercita attività a fini pubblici[11]. La società in house quindi è una sorta di ibrido e la natura giuridica delle società in house rimane tuttora uno degli argomenti più discussi e controversi della giurisprudenza.
4. Diversamente la scelta del soggetto esterno richiede una procedura concorrenziale, che, nel rispetto delle regole che disciplinano i processi di acquisto nella Pubblica Amministrazione, può desumere, in relazione al valore del servizio, l’attivazione dell’iter giuridico dell’evidenza pubblica.
La normativa di riferimento è quella dettata dal d.lgs. 50/2016 (codice degli appalti) che all’art. 36 scandisce i passaggi per l’affidamento sotto soglia anche per come integrato, in base alla normativa transitoria adottata fino al 31 dicembre 2021 d.l. 76/2020 (decreto semplificazioni) e che all’art. 60 riporta la procedura ordinaria.
Proprio questa strada consente all’ente di conseguire l’economicità del servizio ovviando, tra le altre, alle carenze di personale e di bilancio, in termini di voci relative all’indennità di reperibilità e di tariffa oraria straordinaria da riconoscere ai propri dipendenti.
Attraverso questa partnership, in una prospettiva di medio termine, l’amministrazione pubblica si impone come centro di acquisto responsabile della verifica di qualità delle prestazioni, del controllo strategico e della valutazione delle performance, nel riconoscimento della autonomia imprenditoriale del fornitore in merito alla individuazione delle modalità più opportune di offerta e di introduzione di innovazioni.
Nei processi di esternalizzazione l’amministrazione pubblica deve acquistare livelli di qualità e di costo del servizio con un deciso orientamento al risultato finale ed alla governance dell’intero processo[12].
L’ottimizzazione del risultato si ottiene immediatamente per il fatto che il servizio di intervento di ripristino delle condizioni stradali post incidente viene affidato a costo zero per la collettività, senza alcuna previsione di spesa per l’ente; il privato concessionario non avrà alcuna necessità di contrattare un indennizzo per l’attività prestata con l’ente committente ma avrà l’interesse della gestione funzionale e dello sfruttamento economico del servizio, andando a richiedere il costo dei singoli interventi alle compagnie assicurative garanti il soggetto civilmente responsabile della causazione del sinistro.
In questo modo oltre a rendere efficiente l’intervento eseguito in situazione di emergenza, l’ente riesce a sollevarsi di un ulteriore passaggio rappresentato dalla richiesta e gestione del risarcimento danni; quest’ultimo aspetto è di fondamentale importanza soprattutto per gli enti comunali di esigue dimensioni la cui dotazione di personale risulta spesso insufficiente a fronteggiare le ordinarie incombenze gestionali.
Ulteriore fondamentale vantaggio che l’ente gestore o proprietario della rete stradale ha nella esternalizzazione del servizio risiede nella eliminazione del rischio del verificarsi di ulteriori incidenti stradali nei punti dove già si è verificato un altro incidente ma non si è provveduto a eliminare le conseguenze del primo incidente in termini di sicurezza stradale.
La principale norma applicabile è quella del Codice civile che riguarda il danno derivante da cose in custodia (art.2051 c.c.). La cattiva manutenzione di un tratto stradale si traduce in un fatto illecito, che fa sorgere la responsabilità per danni in capo al proprietario o al gestore tenuti a provvedere.
Inoltre come previsto dal Titolo II del decreto legislativo del 30 aprile 1992 n. 285 e s.m. e i. (Nuovo Codice della strada) e in particolare dall’art. 14, che disciplina la responsabilità dell’ente proprietario, in particolare riguardo alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, l’ente deve provvedere a ripristinare, nel minor tempo possibile, le condizioni di viabilità e sicurezza dell’area interessata anche da incidenti, nonché assicurare il ripristino dello stato dei luoghi così come disposto dall’art. 211 del medesimo Decreto.
Nello specifico si consideri che lo sversamento di rifiuti liquidi sul piano viabile compromette il coefficiente di aderenza in modo rilevante soprattutto quando il fondo è bagnato.
Non a caso il 7% circa dei sinistri stradali con morti e feriti, avviene in quegli stessi luoghi dove si sono verificati in precedenza incidenti stradali, a causa del non corretto ripristino delle condizioni di sicurezza della sede stradale, compromessa dalla permanenza di rifiuti non apparenti e, quindi, tali da concretizzare gli estremi di quella nozione di “insidia o trabocchetto” delineata dalla giurisprudenza che esclude la responsabilità in capo al conducente che incorra in un evento infortunistico per effetto dell’ emergenza di un fatto imprevisto ed imprevedibile, come appunto non può che essere la repentina riduzione del coefficiente di aderenza di un settore stradale a causa della presenza di liquidi oleosi miscelati con l’ acqua piovana o che, peggio, in presenza di asfalto drenante, si insidiano nei vuoti del piano viabile per poi riemergere in superficie sospinti dall’ acqua piovana per effetto del differente peso specifico[13].
Concedendo la gestione del servizio ad aziende private specializzate, l’ente si esonera da questa fattispecie di responsabilità prevedendo in capo al concessionario la predisposizione di una copertura assicurativa per responsabilità civile verso terzi per tutti quegli incidenti stradali che vedono protagonisti gli utenti della strada che ricevono un danno durante la fase della circolazione dinamica, dalla presenza di improvvise buche o dislivelli e/o liquidi, spesso conseguenza di precedenti incidenti stradali e incautamente non rimossi o protetti, presenti sulla sede stradale; in tal modo la pubblica amministrazione viene manlevata dalla responsabilità rientrante nella casistica descritta.
Ulteriore vantaggio economico collegato all’affidamento del servizio riguarda la possibilità per l’ente di inserire nella contrattazione non solo gli interventi per i quali l’azienda concessionaria è certa di recuperare il costo in quanto i responsabili dei sinistri sono individuati ma anche gli interventi relativi a sinistri per il quali non è possibile accertare il soggetto che ha determinato l’evento con conseguente impossibilità di rivolgere la richiesta di pagamento alla compagnia assicurativa di riferimento.
Tutte queste considerazioni contribuiscono a formare il pieno convincimento circa l’economicità rispetto alla scelta dell’esternalizzazione del servizio.
La procedura di scelta, come rilevato in precedenza, deve avere come punto di arrivo quello di garantire standard qualitativi elevati del servizio; quindi nella scelta dell’interlocutore privato l’ente dovrà essere guidato da criteri oggettivi di valutazione che vengono innanzitutto individuati nel possesso di determinate certificazioni di qualità inerenti al servizio da svolgere.
Tali certificazioni sono indispensabili per l’azienda che voglia dare all’esterno un’immagine di affidabilità, sicurezza e garanzia relativamente all’attività svolta e ai prodotti utilizzati.
Dette certificazioni attestano la qualità di una azienda, la capacità di un’organizzazione di soddisfare richieste o aspettative espresse dagli stakeholders coinvolti.
La certificazione può essere obbligatoria, regolamentata o volontaria.
La certificazione obbligatoria riguarda i prodotti che rientrano in specifiche direttive comunitarie le quali forniscono i requisiti minimi per la sicurezza dei lavoratori, dei consumatori e per la tutela dell’ambiente.
La certificazione regolamentata è quella che fa riferimento a leggi nazionali o regolamenti comunitari.
La decisione di aderire o meno a questa certificazione è facoltativa da parte dell’azienda, ma una volta effettuata la scelta non si può derogare dalla normativa pubblica prevista.
Si parla, invece, di certificazione volontaria quando non solo vi è una libera adesione alla certificazione, ma le stesse regole – norme tecniche – sono di derivazione privatistica.
Le certificazioni volontarie di qualità sono quindi dei percorsi che si affiancano ai requisiti cogenti e che le aziende decidono di intraprendere, può riguardare il prodotto, il personale ed Sistema di Gestione per la Qualità.
La certificazione del sistema di gestione della qualità, quindi, attesta che l’azienda cui è rilasciata è in grado svolgere un insieme di attività coordinate per guidare e tenere sotto controllo la propria organizzazione con riferimento sia alla qualità del servizio fornito, sia all’efficacia dei processi di erogazione attivati a monte del servizio stesso. I requisiti relativi ai processi, all’organizzazione ed alle procedure che un’azienda deve attivare per la realizzazione di un sistema di gestione della qualità sono definiti nelle norme della serie ISO[14].
In particolare per lo svolgimento del servizio di ripristino delle condizioni di sicurezza stradale post incidente le certificazioni generalmente richieste sono:
- la certificazione di qualità UNI EN ISO 9001:2015 che definisce i requisiti di un ottimo sistema di gestione organizzativa del processo produttivo e della sua efficacia;
- la certificazione di qualità UNI EN ISO 14001:2015 che comprova un’adeguata gestione e controllo degli impianti ambientali della propria attività in riferimento alla sostenibilità e alla sicurezza e alla salute dei lavoratori;
- la certificazione di qualità UNI EN ISO 18295-1:2017 che definisce i requisiti di un eccellente coordinamento della Centrale Operativa nella gestione di qualsiasi emergenza legata all’incidentalità;
- la certificazione di qualità UNI ISO 45001:2018 che definisce i requisiti per un sistema di gestione della Salute e della Sicurezza del Lavoro;
- la certificazione di qualità UNI ISO 39001:2016 che definisce i requisiti per un sistema di gestione per la Sicurezza Stradale.
Altro requisito indispensabile da prevedere per una corretta esecuzione del servizio e che rientra nei vantaggi connessi alla riduzione della spesa di manutenzione stradale oltre che di tutela ambientale riguardano i prodotti impiegati per il trattamento della sezione di manto stradale interessata dalla dispersione di liquidi inquinanti.
Tali prodotti devono rispondere a coefficienti di ecocompatibilità certificati che comportano il duplice effetto positivo della tutela ambientale nonché quello del mantenimento dell’aderenza del fondo stradale.
Spesso infatti l’utilizzo di materiale assorbente per la rimozione dei liquidi inquinanti provoca la fessurazione della sede stradale dando l’avvio alla formazione di buche, e comunque di perdita di grip dell’asfalto, elemento questo che aumenta la pericolosità per gli utenti della strada ai successivi passaggi.
Prevedendo l’obbligo dell’utilizzo di prodotti rispondenti ai menzionati requisiti si tutela innanzitutto la conformazione della pavimentazione stradale evitando qualsiasi azione di sfregamento e di calore senza danneggiare l’asfalto, inoltre si va a debellare la sostanza idrocarburo che va a penetrare nelle intersezioni dell’asfalto. Tali prodotti garantiscono un adeguato coefficiente di attrito tra gomma e asfalto, non provocano deterioramento dell’asfalto, riducono il rischio di incendio ed esplosione incapsulando le particelle oleose.
5. Solo analizzando questi primi aspetti si comprendono i benefici della concessione al privato di questa attività:
- la riduzione dei costi ed il vantaggio economico conseguibile a fronte dell’affidamento ad un soggetto esterno caratterizzato da una maggiore specializzazione (economie di scala e conoscenza);
- l’innalzamento della qualità dei servizi, che può indurre, anche a parità di costo, a preferire l’attribuzione di segmenti di attività a ditte private che garantiscano più elevati standard di performance;
- la possibilità di ovviare alla carenza di alcune professionalità, che indica il divario tra professionalità richieste e competenze offerte anche a seguito dello sviluppo di adeguate politiche di utilizzo delle risorse umane;
- l’attenuazione delle logiche burocratiche e l’alleggerimento della amministrazione pubblica;
- la gestione dei servizi da parte di fornitori esterni avviene all’interno di assetti organizzativi e gestionali più agili e flessibili e meno burocratici.
Peraltro a queste condizioni anche il legislatore nazionale incentiva il ricorso all’esternalizzazione.
L’art. 29 della legge 28 dicembre 2001, n° 448 (legge finanziaria 2002), che dà alle “pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché gli enti finanziati direttamente o indirettamente a carico del bilancio dello Stato” la facoltà di ricorre a questa strategia a fini di contenimento di costi, secondo diverse modalità operative, si inserisce all’interno di un percorso normativo volto alla modernizzazione delle amministrazioni, attraverso l’ampliamento delle esperienze di partnership tra pubblico e privato.
Processo prodromico alla decisione circa l’esternalizzazione di un determinato servizio e nel caso che ci riguarda dell’attività di pronto intervento post-incidente sarà veicolata dall’incrocio di una serie di valutazioni, tecnica, economica, giuridica e gestionale.
Tale valutazione determinerà la convenienza tra l’affidamento a terzi soggetti che possano eseguire in maniera professionale e continuativa l’attività rispetto alla gestione interna dello stesso servizio.
Una volta effettuata questa analisi altrettanto importante sarà la predisposizione del capitolato riguardo all’elenco delle caratteristiche tese ad individuare l’interlocutore concessionario. In particolare la sua l’affidabilità economica e professionale, le certificazioni di qualità, le modalità di erogazione dei servizi, l’organizzazione, i processi di controllo; ma anche e soprattutto la previsione di servizi aggiuntivi all’attività principale, strettamente legati alla tutela della circolazione stradale e alla tutela dell’ambiente.
Proprio quest’ultimo aspetto consente all’ente comunale di soddisfare ulteriori fabbisogni a favore della collettività, servizi che altrimenti dovrebbero essere forniti con dispendio di risorse economiche e di forza lavoro interne all’ente stesso.
Le attività che possono arricchire l’offerta dell’aspirante concessionario possono essere molteplici e come detto differenziarsi dal tipo di necessità che la pubblica amministrazione evidenzia:
- sensibilizzazione della popolazione: progetti sociali e culturali sulla sicurezza stradale e sulla tutela ambientale;
- supporto delle autorità presenti sul territorio, ed in particolare del servizio della protezione civile in caso di manifestazioni o emergenze;
- pattugliamento della rete stradale e attività di segnalazione e messa in sicurezza in caso situazioni di pericolo;
- formazione continua del personale pubblico: promozione di convegni di approfondimento destinati al personale dell’ente dedicato alla sorveglianza stradale;
Questi sono solo alcuni degli esempi che possono rientrare nel ventaglio di servizi aggiuntivi senza nessun costo per i cittadini e lascia spazio anche alle capacità di ricerca e sviluppo dei privati, i quali, posti in concorrenza tra loro, sono incentivati a spingere il settore dedicato alla innovazione proprio per aumentare l’appetibilità della loro offerta.
6. Il presente elaborato tuttavia non ha la presunzione di addivenire con certezza ad una conclusione che possa privilegiare la scelta volta verso la gestione interna del servizio o verso l’esternalizzazione.
Vi sono esempi di eccellenza in entrambi i casi.
Ma se da un lato è vero che anche l’amministrazione attraverso l’adozione di modelli interni può raggiungere obiettivi soddisfacenti, dall’altro resta difficile, proiettare la suddetta previsione nell’ambito del servizio analizzato.
Ed infatti all’orizzonte non si pongono esempi di eccellenza del servizio attraverso la gestione di società in house o comunque partecipate.
Il mercato è quasi completamente gestito da soggetti di diritto privato che sono svincolate dal controllo dell’amministrazione.
Certo, il controllo sull’andamento del servizio resta esercitato dall’Ente proprietario della strada, ma il fatto stesso che comuni e provincie prediligano l’individuazione dell’operatore economico cui affidare il servizio attraverso il ricorso a procedure negoziate, aperte e sempre più spesso con l’ausilio di affidamenti diretti, inducono a considerare con un elevato indice di probabilità la scelta dell’esternalizzazione quale via più pratica e garantistica della tutela dei valori sussunti nell’affidamento.
A soccorrere non è il semplice dato statistico ma è soprattutto l’esperienza concreta.
Come detto ad elevare il servizio non è semplicemente la qualità con il quale lo stesso viene ad essere espletato o il raggiungimento di obiettivi prefissati, quanto piuttosto l’impegno etico assunto dal concessionario nell’ottica di un’equa ridistribuzione delle risorse in favore della collettività.
Prendendo come parametro di riferimento la società PISSTA (Pronto Intervento, Sicurezza Stradale, Tutela Ambientale), “società costituita con l’obiettivo di sviluppare strategie e porre in essere azioni concrete e innovative per tutelare e migliorare la sicurezza del bene strada e preservare e rispettare l’ambiente applicando un’attenta economia sociale di mercato”, viene ad essere posto in risalto come la suddetta, recepiti nel proprio modello di governace i requisiti minimi, ha posto in essere una politica aziendale che la rende differente rispetto gli altri operatori nel medesimo segmento economico, in virtù di scelte innovative i cui effetti positivi, in ambito collettivo, sono destinati ad essere percepiti immediatamente, nel medio e nel lungo periodo.
In sostanza a segnare il varco rispetto le consuete linee programmatiche è la scelta etica di sviluppare un progetto base (partendo dalla sicurezza sulle reti viarie marittime, aeree, ferroviarie e stradali) proiettandolo verso la risoluzione di problematiche connesse, l’ampliamento della platea dei soggetti coinvolti (non solo enti pubblici ma anche soggetti di diritto privato) e la collaborazione di eccellenze nel mondo della ricerca e dell’operatività.
La capacità di proporre soluzioni ad ogni problematica di tipo ambientale, di sviluppare strategie per il sostegno agli apparati centrali in caso di emergenze[15], di offrire eventi formativi in tema di sicurezza, di reinvestire parte delle risorse in servizi migliorativi a costo zero in favore della cittadinanza e degli enti stessi, di investire nella formazione e nei giovani attraverso protocolli collaborativi con le Università, demarcano la differenza tra una realtà statica ed una realtà dinamica.
In conclusione, un adeguato impiego delle politiche di esternalizzazione, finalizzato a rendere realmente competitiva l’amministrazione che se ne avvale, poggia su una buona base contrattuale. Quest’ultima è, infatti, il punto di arrivo di corrette scelte manageriali su costi e benefici e, a un tempo, il punto di partenza di un sistema efficiente di controlli e verifiche, volti ad accertare nel tempo utilità e funzionalità rispetto agli obiettivi prefissati. Questo punto di arrivo è perfettamente centrato con la scelta di concedere il servizio di ripristino delle condizioni di sicurezza stradale post incidente ad aziende private, in quanto come sottolineato in più punti, viene soddisfatta la prospettiva di conseguimento di economicità di medio periodo e di rafforzamento della capacità competitiva ed operativo-gestionale dell’amministrazione pubblica interessata.
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[1] Commissione europea (4 aprile 2019), pubblicazione di statistiche preliminari sulla sicurezza stradale 2018: http://europa.eu/rapid/pressrelease_IP-19-1951_en.htm.
[2] Bruxelles, COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI Verso uno spazio europeo della sicurezza stradale: orientamenti 2011-2020 per la sicurezza stradale Bruxelles, COM(2010) 389/3.
[3] L’ambiente nella Costituzione italiana tra presente e futuro dopo la bocciatura del referendum costituzionale di Cristian Rovito https://www.tuttoambiente.it/commenti-premium/ambiente-costituzione-italiana-presente-futuro-bocciatura-referendum-costituzionale/.
[4] Politica ambientale: principi generali e quadro di riferimento https://www.europarl.europa.eu/factsheets/it/sheet/71/politica-ambientale-principi-generali-e-quadro di riferimento.
[5] Commissione europea (2019), Handbook on the External Costs of Transport [Manuale sui costi esterni dei trasporti] (https://ec.europa.eu/transport/themes/sustainable/studies/sustainable_it).
[6] Un problema ambientale spesso sottovalutato. I rifiuti da incidente stradale: fonte silente di inquinamento ambientale diffuso e di pregiudizio alla sicurezza stradale-A cura del Dott. Maurizio Santoloci* e del Dott. Francesco Falciola https://www.asaps.it/29980un_problema_ambientale_spesso_sottovalutatoi_rifiuti_da_incidente_stradale__font.html.
[7] Con Deliberazione n. 64 Adunanza del 27 giugno 2012 l’Autorità ha ritenuto che l’affidamento del servizio di ripristino post incidente può correttamente inquadrarsi nell’ambito delle concessioni di servizi, con conseguente assoggettamento alla disciplina dettata dall’art. 30 del codice dei contratti pubblici (secondo la previgente normativa del D.lgs. 163 del 2006, oggi rubricata nella Parte Terza, Titolo I, artt. 164 e ss. del D.lgs. 50/2016.).
[8] Cfr. tra le ultime: Tar Toscana sentenza n. 6780 del 20 dicembre 2010 e Tar Puglia sentenza n. 368 del 21 febbraio 2012.
[9] È netta come evidenziato più volte anche dall’Autorità (deliberazione n. 47 Adunanza del 4 maggio 2011; Parere n. 28 del 9 febbraio 2011) per consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia europea, la differenza tra un appalto ed una concessione di servizi risiede principalmente nel fatto che, mentre nel primo il corrispettivo è pagato direttamente dall’amministrazione aggiudicatrice al prestatore di servizi, nella concessione le modalità di remunerazione pattuite consistono nel diritto dell’operatore economico di sfruttare la propria prestazione ed implicano che quest’ultimo assuma il rischio legato alla gestione dei servizi in questione. “Il vero discrimen tra concessione ed appalto deve, pertanto, essere ricercato nel differente destinatario della prestazione e nella diversa allocazione del rischio di gestione del servizio. In particolare, la Corte Europea e la giurisprudenza comunitaria (cfr. ex multis la sentenza 13 ottobre 2005, causa C-458/03 – Parking Brixen GmbH) riconoscono generalmente il suddetto discriminen nel fattore rischio” connesso all’incertezza del ritorno economico dell’attività (cfr. Comunicazione Interpretativa della Commissione Europea sulle concessioni nel diritto comunitario, in GUCE del 29.04.2000, richiamata dalla Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per le politiche comunitarie, del 01.03.2002 n. 3944 rubricata “Procedure di affidamento delle concessioni di servizi e di lavori”).
10 Vedasi Daniele Giannini, AFFIDAMENTO_IN_HOUSE_PER_LA_GESTIONE_DEI_SERVIZI_PUBBLICI_LOCALI.
[11] Vedasi TAR Abruzzo (Sez. Pescara, sentenza n. 1017/2018). Il giudice ha confermato la natura giuridica di impresa privata delle società in house e Consiglio di Stato (Sez. V, sentenza n. 3033/2017). Anche in questo caso i giudizi hanno sottolineato che, sebbene le società siano dei rami, delle articolazioni della pubblica amministrazione, esse rimangono a tutti gli effetti delle società di diritto privato. Anche se è partecipata al 100% da enti pubblici, rimane sempre una società di diritto privato (spesso si tratta di spa).
[12] GUIDA ALL’ESTERNALIZZAZIONE DI SERVIZI E ATTIVITÀ STRUMENTALI NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE http://www.astrid-online.it/static/upload/protected/Guid/Guida_Esternalizzazioni_FunzionePubb.pdf.
[13] Santoloci/Falciola, Dirittoambiente http://dirittoambiente.net//file/rifiuti_articoli_711.pdf.
[14] Il sistema di certificazione http://images.at.camcom.gov.it/f/Varie/ab/abc_capitolo6.pdf.
[15] PISSTA ha prestato il proprio supporto alla Protezione Civile in concomitanza degli eventi sismici che hanno colpito il Centro Italia nel 2016-2017. Ha prestato le proprie risorse in favore di numerosi enti per le operazioni di sanificazione in concomitanza della diffusione dell’emergenza epidemiologica da COVID 19.