L’origine del nome della caffettiera moka è da collegarsi al nome della città di Mokha (in Yemen) che è una delle prime e più importanti zone di produzione del caffè, in particolare della qualità arabica.
Questo prodotto è frutto dell’ingegno e della creatività di Alfonso Bialetti (1888 – 1970), uno dei più grandi imprenditori italiani della storia.
Attualmente la moka è conosciuta in tutto il mondo come una delle più importanti icone del made in Italy, presente anche nella collezione del Triennale Design Museum di Milano e nel Moma di New York.
Il marchio è ancora oggi leader incontrastato del mercato. Il progetto ha subito negli anni solo lievi modifiche nella forma che rimane però quella “standard”, cioè quella ottagonale di alluminio, che rappresenta uno dei più importanti elementi distintivi del prodotto.
Come funziona?
Dopo aver posto la moka sul fuoco, si forma nella parte inferiore (caldaia) del vapore acqueo che resta in equilibrio con l’acqua sottostante alla pressione atmosferica.
Aumentando la temperatura, aumenta anche la pressione del vapore acqueo (sommato alla pressione esercitata dal volume di aria presente nella caldaia):
questa pressione viene esercitata sia sulle pareti della caldaia sia sulla superficie dell’acqua.
Quindi non va riempita molto la caldaia.
L’acqua una volta riscaldata si trasforma in vapore che va a disporsi nella zona superiore della caldaia. Il vapore (vedi freccette) può espandersi o per volume (espansione impedita evidentemente dalle pareti in acciaio. Non è un palloncino che si gonfia o per pressione che spinge l’acqua residua a entrare lungo la cannula del filtro e…il gioco è fatto. OCCHIO! Se il filtro è troppo carico di caffè macinato, per di più pressato, impedisce il regolare flusso. A quel punto la pressione preme sulla valvola di sicurezza da cui fuoriesce. Se a sua volta la valvola è impedita per qualche ragione a svolgere la sua funzione di sfiato, la moka diventa una vera ‘bomba’ e salta. Spero che la descrizione del processo sia stata chiara