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Perché il rosso è il colore della sinistra

    C’entra soprattutto la Rivoluzione francese: prima era il colore degli eserciti e di chi si opponeva ai rivoluzionari

    Forrest Wickman spiega perché il rosso è storicamente il colore della sinistra.

    Il motivo fondamentale è che il rosso è visto come il colore delle rivoluzioni, e fin dai tempi della Rivoluzione francese si è affermato come simbolo delle rivolte popolari contro l’autorità costituita.

    In realtà il rosso è stato usato per molto tempo dai governi e dagli oppositori dei rivoluzionari.

    In epoca romana e nel Medioevo la bandiera rossa veniva impiegata dagli eserciti per intimidire il nemico e voleva indicare che, in caso di vittoria, non ci sarebbe stata pietà.

    Veniva issata anche dalle navi di pirati prima di saccheggiare una nave.

    In seguito simboleggiò l’essere disposti a battersi: per esempio veniva issata su castelli e città assediate per indicare che non si sarebbero arrese.

    Negli anni successivi la bandiera rossa venne impiegata dai governi per indicare le emergenze o per segnalare l’imposizione della legge marziale.

    Nel 1791, quando i rivoluzionari francesi avanzarono una petizione per deporre Luigi XVI, i contro-rivoluzionari si riunirono sotto la bandiera rossa.

    Nel romanzo Racconto di due città del 1859, Charles Dickens descriva la folla «in rivolta sotto una bandiera rossa», che sarebbe la bandiera del governo.

    Il 17 luglio del 1791 il generale Lafayette, comandante della guardia nazionale francese, issò una bandiera rossa su Campo di Marte, a Parigi, per indicare che era stata imposta la legge marziale e per invitare i manifestanti ad allontanarsi.

    Molti non obbedirono e vennero uccisi.

    I giacobini manifestarono allora contro la strage sventolando una bandiera rossa in onore del «sangue dei martiri» che erano stati uccisi.

    L’uso della bandiera rossa nelle rivolte si rafforzò nel 1831 durante le proteste a Merthyr Tydfil, in Galles, quando ci furono duri scontri tra minatori armati e la polizia pagata dai proprietari delle miniere.

    Durante gli scontri morirono sia manifestanti che poliziotti. I minatori sventolarono due bandiere rosse, alcuni raccontarono che si trattava delle camicie insanguinate dei loro compagni uccisi.

    In segno di solidarietà migliaia di operai in Regno Unito marciarono sfilando sotto le bandiere rosse e proteste simili si diffusero anche in Germania e in Francia.

    Anche la rivoluzione del 1848 rafforzò l’associazione tra rosso e rivoluzionari: le bandiere rosse vennero sventolate durante le proteste in Francia per diffondersi poi in Germania, Danimarca, Italia, Austria e Polonia.

    Nello stesso anno venne pubblicato Il Manifesto di Karl Marx e i suoi lettori marciavano sotto le bandiere rosse insieme ai democratici e agli anarchici.

    Il primo governo marxista ad assumere il rosso come colore ufficiale fu la Comune di Parigi, che governò brevemente la città nel 1871 assumendo come bandiera quella rossa e non il tricolore francese.

    Nel frattempo Marx divenne noto ai suoi nemici con il soprannome di «dottore del terrore rosso».

    Mentre la paura per i comunisti si diffondeva in Europa, la polizia prussiana vietò l’uso del colore rosso «nelle prime lettere dei manifesti delle proteste».

    Nel 1889 il giornalista socialista irlandese Jim Connell compose la canzone Bandiera rossa, che paragonava il colore a quello del sangue dei “martiri” del popolo.

    Negli anni Ottanta dell’Ottocento vennero composte altre canzoni del genere che esaltavano la bandiera rossa e le lotte popolari.

    Con la rivoluzione bolscevica del 1917 e la costituzione dell’Armata Rossa l’associazione tra rosso e rivolta delle masse divenne comune in tutto il mondo. In Italia quelli tra il 1919 e il 1920 furono definiti gli anni del Biennio rosso, un periodo di continue rivolte e sommosse contadine e operaie.

    Nello stesso periodo negli Stati Uniti si diffuse il terrore per i bolscevichi e i titoli dei giornali, tra cui il New York Times, mettevano in guardia dal “pericolo rosso”.

    Negli anni Cinquanta la paura del comunismo era tale che la squadra di baseball Cincinnati Reds cambiò il nome in Redlegs, per evitare possibili confusioni.

    Tuttora il colore rosso nei movimenti politici viene associato a partiti di sinistra o centro sinistra.

    Un discorso a parte merita l’uso del colore rosso negli Stati Uniti, che è associato al partito repubblicano (di centrodestra) mentre il blu indica il partito democratico (di centrosinistra).

    In realtà si tratta di una codificazione molto recente che risale alla elezioni del 2000, quelle in cui George W. Bush sconfisse Al Gore con un margine risicato di voti.

    I partiti infatti non hanno mai scelto colori ufficiali, che sono stati sempre usati in modo arbitrario dai giornalisti per spiegare più facilmente i risultati delle elezioni presidenziali.

    Nel 1904, per esempio, il New York Times aveva pubblicato una mappa colorata per spiegare la vittoria elettorale di Theodore Roosevelt, in cui i democratici erano contrassegnati con il blu e i repubblicani con il giallo.

    Negli anni successivi molti giornali e programmi televisivi decisero di associare il rosso ai democratici riprendendo il significato che veniva attribuito al colore in Europa.

    Nel 1980 per esempio ABC identificò Ronald Reagan con il colore blu e Jimmy Carter con il rosso.

    Dal 1988 al 2000 Time ha assegnato il rosso ai democratici e il blu ai repubblicani, e ancora nel 2000 il Washington Post associava il rosso ai democratici e il blu ai repubblicani.

    Il primo riferimento agli “stati rossi” repubblicani e agli “stati blu” democratici si ebbe nel programma televisivo Today della NBC, circa una settimana prima dell’elezione presidenziale statunitense del 2000