Un portale imponente in stile neoclassico fiancheggiato da colonne con capitelli dorici e sormontato dallo stemma in marmo bianco di Carrara della famiglia nobiliare.
E’ il palazzo dei Principi Pignatelli di Strongoli, al civico 256 della Riviera di Chiaia, opera del 1820 di Antonio Niccolini, l’architetto e decoratore che progettò e costruì, tra l’altro, la Villa Floridiana, il dono di Ferdinando IV di Borbone a Lucia Migliaccio, sua moglie morganatica e che si occupò per la stessa duchessa di Floridia del restauro del Palazzo Partanna a Piazza dei Martiri.
All’interno del cortile, dove sono ben conservati l’abbeveratoio in piperno e sulle mura le campanelle per legare i cavalli, una bellissima scala aperta nello stile settecentesco con archi e aperture circolari ad oblò che movimentano il prospetto insieme agli eleganti balconcini con la ringhiera ricurva che fanno da accesso alle residenze affacciate sul lato destro.
Si intravede accanto alla porta di ingresso del piano nobile un fregio con decorazioni in stucco bianco.
Qui, dove pare attualmente risiedano ancora i discendenti della famiglia nobiliare, hanno vissuto il principe Francesco Pignatelli, conte di Melissa e principe di Strongoli e sua moglie Adelaide del Balzo, una donna all’avanguardia, di indole volitiva e determinata, una personalità appassionata che ha lasciato un segno nella storia dell’emancipazione femminile.
Figlia di Francesco del Balzo e di Paolina Capece Minutolo, fu donna di grande cultura, profonda conoscitrice del mondo classico, amante dell’arte e della musica, interessi che coltivò anche nella vita coniugale con Francesco Pignatelli di Strongoli, ultimo discendente di una delle più illustri famiglie partenopee che si erano distinte per passione politica durante la rivoluzione del 1799.
La Del Balzo fu una delle pochissime donne iscritte all’Accademia Pontaniana.
Di lei è raccontato l’impegno costante e tenace per la crescita del ruolo della donna nella società e la dedizione che manifestò, anche attraverso opere filantropiche nei confronti degli orfani del colera del 1884, circa seicento bambini, per l’educazione, da lei considerata pietra angolare per lo sviluppo culturale del paese e per il progresso della società.
Molto stimata dalla regina Margherita di Savoia, fu designata ispettrice onoraria del Ritiro di Suor Orsola Benincasa di Napoli che, proprio con lei, si trasformò da opera pia in un Istituto scolastico che copriva tutto l’iter formativo delle fanciulle, dall’infanzia agli studi di Magistero, il primo in Italia pareggiato all’Università.
La consapevolezza dell’importanza di promuovere la cultura delle donne affinché potessero rivestire un ruolo attivo nella vita politica e sociale, al pari degli uomini, la portarono a scegliere per Il Suor Orsola, coadiuvata in ciò da Benedetto Croce con il quale ebbe un’intensa amicizia, i migliori docenti e studiosi in tutti i campi del sapere.
Così l’Istituto, per la cui direzione si fece affiancare da Maria Antonietta Pagliara, pedagogista e donna all’avanguardia, divenne un modello di riferimento a livello nazionale.
Una direzione femminile che fece del Suor Orsola il fiore all’occhiello per le scuole italiane. L’istituto si arricchì di percorsi abilitanti ai mestieri e alle professioni, nel nome di una nuova e moderna visione sociale del mondo femminile proiettato anche alla dimensione del lavoro come strada per l’emancipazione delle donne e per la loro affermazione nella società.
Adelaide del Balzo scriveva:
“Quando avevo 18 anni forse io dai libri ho attinto una cosa, quella cosa, con la quale e nella quale e, se occorre, per la quale voglio morire. La convinzione negli ideali della libertà, di dovere verso me stessa e verso la societa’… sempre meglio svolgere ed illuminare la mia coscienza, perché essa è la base di quella sacra cosa che è la libertà; senza la consapevolezza piena non si è liberi…“
La libertà che scaturisce dalla cultura, la conoscenza scientifica come strumento di riscatto femminile, insegnamento immenso quello di Adelaide del Balzo, la più grande eredità che lasciò alla sua morte nel 1932.
L’Istituto Suor Orsola Benincasa restò, infatti, “zona franca della cultura italiana nella quale gli echi della dittatura fascista rimasero attutiti dalla sua tradizione di libertà”.
Palazzo Pignatelli di Strongoli, la storia di una donna con un progetto visionario, una donna per le donne.