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Il Comandante deve provenire solo dai ruoli della Polizia Locale

    Il comandante deve provenire solo dai ruoli della Polizia Locale e l’incarico non può essere attribuito neppure in via provvisoria a dirigenti tecnici o amministrativi dell’Ente locale, non trovando applicazione l’art. 1, comma 221, della legge 208/2015. (Consiglio di Stato, sentenza n. 2518 del 15 marzo 2024)

    Di Luca Montanari

    Il 15 marzo 2024 il Consiglio di Stato – massimo organo della giustizia amministrativa italiana – se n’è uscito con un’altra dirompente pronuncia, una di quelle destinate a porre un’ulteriore e pesantissima pietra miliare nel panorama giuridico della polizia locale d’Italia: il Comandante deve provenire solo dai ruoli della Polizia Locale e il relativo incarico non può essere attribuito neppure in via temporanea ai dirigenti amministrativi o tecnici dell’ente locale.

    La sentenza n. 2518 è, infatti, chiarissima e si collega ad un fatto avvenuto in Abruzzo, proprio nel Comune capoluogo di Regione, cioè l’Aquila, ove al suo Corpo di Polizia Locale era stato preposto dapprima l’avvocato dell’Ente e poi un dirigente amministrativo.

    Afferma il Supremo Consesso che la funzione di Comandante della Polizia Locale può essere assunta soltanto da personale appartenente ai “ruoli” della stessa Polizia Locale e che ciò in Abruzzo è anche espressamente previsto dalla legge regionale n. 42 del 2013.

    Per il Consiglio di Stato la ratio di tale scelta legislativa risiede nel fatto che il personale dei ruoli della Polizia Locale viene (e deve essere) fin dall’origine reclutato con certi criteri e secondo determinati profili professionali e formativi, tali da poter svolgere funzioni di Polizia Giudiziaria, di sicurezza pubblica e stradale (attività di una certa delicatezza direttamente compartecipi della sovranità dello stato, che non sono abilitati a svolgere funzionari e dirigenti di altri settori “ordinari” dell’ente).

    In realtà già il Dipartimento Riforme Istituzionali della stessa amministrazione regionale aveva avuto modo di precisare tali indirizzi con alcune sue circolari; circolari finite poi anche sul tavolo dell’ANAC, che aveva chiaramente recepito la normativa regionale, di fatto “nazionalizzandola” con la deliberazione n. 401 del 2020, rendendo così cogente e vincolante quel principio di diritto anche e soprattutto ai fini della formazione dei Piani triennali di prevenzione della corruzione da parte di tutti gli enti locali d’Italia.

    La citata sentenza n. 2518/2024, offre anche un’interessantissima chiave di lettura del comma 221, art. 1, L. 208/2015, tanto strumentalizzato dagli amministratori locali talvolta con il concorso anche di segretari comunali e provinciali per tentare di violentare le rigide e da loro tanto odiate prescrizioni in materia di polizia locale.

    Secondo i Giudici di Palazzo Spada, quanto previsto dalla legge n. 208 del 2015, comma 221, il quale prevede in particolare al secondo periodo che: “Allo scopo di garantire la maggior flessibilità della figura dirigenziale nonché il corretto funzionamento degli uffici, il conferimento degli incarichi dirigenziali può essere attribuito senza alcun vincolo di esclusività anche ai dirigenti dell’avvocatura civica e della Polizia Municipale”, starebbe a significare che i dirigenti della Polizia Locale possono eccezionalmente assumere (nei limiti in cui non si vada a generare “conflitto di interessi”, come si avrà poi modo di osservare) la direzione di uffici ordinari dell’ente, ma non anche il contrario (ossia dirigenti esterni alla polizia locale non possono diventare comandanti della stessa).

    Depone in tal senso, innanzitutto, la formulazione letterale della disposizione secondo cui può essere attribuito il “conferimento degli incarichi dirigenziali” ma non anche il ruolo di comandante della polizia locale, mentre sul piano logico e sistematico, la ragione giustificatrice alla base di tale “divieto di inversione” (dirigenti amministrativi o tecnici di struttura che assumano incarico di Comandante della Polizia Locale) risiede pur sempre nella constatazione che i medesimi non sono in via generale stati formati e reclutati per assumere e svolgere le determinate e specifiche funzioni di polizia giudiziaria, di sicurezza pubblica e stradale.

    In altre parole la disposizione di cui al comma 221, L. 208/2015, ha consistenza di norma derogatoria ed eccezionale, rispetto alla ordinaria assegnazione delle funzioni dirigenziali (a seguito di procedura pubblicistica e comunque a dirigenti appartenenti ai relativi ruoli dell’amministrazione), e dunque di stretta e stringente interpretazione.

    Interpretazione che, per le ragioni sopra esposte, va intesa in chiave soltanto unidirezionale (si ai dirigenti della polizia locale che assumono funzioni dirigenziali ordinarie) e non bidirezionale (no ai dirigenti amministrativi che assumono funzioni di comandante della Polizia Locale), e ciò proprio per la specificità sopra ricordata delle funzioni riservate a tale peculiare organo – la polizia locale appunto – della Pubblica Amministrazione.

    Insomma, la norma derogatoria di cui sopra manifesta la sola e esclusiva volontà del legislatore di attribuire al Comandante della Polizia Locale (taluni) incarichi ulteriori rispetto al suo e non, viceversa, che a qualunque altro generico dirigente del Comune o della Provincia possa essere affidato il ruolo di comandante.

    Si pensi, infatti, all’attribuzione dell’incarico di comandante della polizia locale a un soggetto completamente sfornito di adeguate garanzie o, peggio, magari fino a ieri titolare di un ufficio in totale conflitto di interessi con la Polizia Locale per avere rilasciato provvedimenti a propria firma e che oggi dovrebbe sottoporre a proprio personale controllo.

    Anche secondo l’ANAC (delibera n. 401/2020) nell’attribuire al Comandante della Polizia Locale eventuali altri incarichi di differente natura si deve sempre tenere conto dei princìpi generali dettati dalla normativa sull’anticorruzione, affinché sia in ogni caso evitato l’insorgere di qualsivoglia conflitto di interessi, anche potenziale.

    Di talché al comandante della Polizia Locale non potranno essere in alcun caso conferiti incarichi che comportino l’assunzione della contemporanea qualità di “controllore e controllato”, come per esempio avverrebbe se divenisse responsabile anche del SUAP, o dell’ufficio urbanistica e edilizia, o dei servizi sociali, o dei servizi anagrafici, o della protezione civile, mentre non appaiono incompatibili , per esempio, gli incarichi di responsabile delle risorse umane dell’ente, o della ragioneria generale, non promanando da questi uffici alcun provvedimento che potrebbe finire facile oggetto di una indagine del comandante della Polizia Locale.

    A tal riguardo è assolutamente da leggere la sentenza TAR Campania, Napoli, Sez. III – 8 novembre 2016 n. 5463, specifica in punto di prevenzione e contrasto della corruzione e del conflitto di interessi con preciso riferimento alla figura professionale del comandante della polizia locale.

    I giudici amministrativi campani bacchettano il Comune di Benevento, significando in più parti che la sovrapposizione in capo ad una stessa figura, di funzioni di autorizzazione e al contempo di funzioni di vigilanza e controllo delle autorizzazioni rilasciate (in quel caso di “passo carrabile”), genera un evidente conflitto di interessi, atteso che vengono in tal modo a coincidere in un unico soggetto la funzione di controllore dei provvedimenti che egli stesso ha rilasciato e degli atti amministrativi che ha a tal fine adottato, con conseguente dequotazione del principio di imparzialità, vulnerato, anche solo potenzialmente, laddove la funzione di controllore venga attribuita allo stesso soggetto controllato.