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Ti piace la solitudine? Ecco cosa significa secondo lo psicologo

    a cura di Vincenzo Galletta

    La specie umana ha trovato la propria graduale ma inevitaibile affermazione anche grazie all’inventiva ed alle spiccate capacità sociali che hanno portato un livello di comunicazione che non ha eguali in un contesto evolutivo ristretto rispetto ad altre specie, anche considerando l’intero compendio che è molto ampio.

    Quindi la maggior parte dei contesti sociali anche moderni tendono a considerare ed associare la tendenza a stare da soli come una forma di “mancanza” o “stranezza”, anche se questo contesto oggi risulta essere considerabile in modo meno “sbagliato”.

    Se ti piace la solitudine non per forza questo indica una incapacità di relazionarsi con i propri simili.

    Quali sono le motivazioni più comuni?

    Ecco una “carrellata” di potenziali quanto frequenti motivazioni, che non sono da considerarsi come “atti negativi”, che portano moltissime persone a preferire la solitudine in quasi tutti i contesti.

    E’ importante verificare anche la propria identità a livello sociale, definendo dove finisce l’intenzionalità rispetto alla condizione acquisita.

    Chiariamo subito un concetto, legato alla condizione di solitudine intesa come tale: se piace stare da soli, questo non è quasi mai un problema per gli altri, ma può diventarlo se questa condizione diventa non una scelta ma la conseguenza di altri comportamenti.

    Nella maggior parte dei casi i solitari amano raccogliersi nei propri pensieri perché sono individui dalla forte sensibilità e che non si considerano improntati a far parte “forzatamente” di un contesto.

    Alcuni associano agli amanti della solitudine due personalità, prevalentemente coloro che non apprezzano particolarmente la maggior parte del contesto sociale, e coloro che invece vorrebbero farne parte in qualche modo pur senza snaturando la propria personalità.

    Sotto molti punti di vista il solitario “volontario” è maggiormente empatico ha imparato a godere di una certa maturità e si considera a proprio modo umile e che ha considerato arrivata la propria figura nel mondo.

    C’è differenza, ovviamente tra chi non riesce a stare in un contesto sociale e chi invece ne fa volontariamente seppur parzialmente a meno.

    Imparare a godere della propria solitudine senza però abusarne è qualcosa che indica un affermato livello di maturazione, infatti una personalità completa riesce a relazionarsi in modo agevole sia in compagnia, sia in solitudine, condizione che può diventare problematica quando diventa di fatto l’unica scelta da effettuare.

    La solitudine “sana” è quindi sempre volontaria e può indicare una personalità profonda quanto stratificata ma anche molto padrone di se stessa