loader image
Vai al contenuto

PISSTA

Home » Articoli » Epicuro, la ricerca della felicità

Epicuro, la ricerca della felicità

    Diogene Laerzio (III secolo d.C.) nel decimo libro della sua opera “Vite ed opinioni degli uomini illustri” ci offre molte notizie su Epicuro.

    È una delle fonti antiche più importanti per la conoscenza del pensatore ateniese.

    Altro sappiamo da altri protagonisti della vita intellettuale dell’epoca classica, di solito ostili all’epicureismo: proponendosi infatti di demolire quella dottrina, sono indotti ad illustrarla, allo scopo di confutarla.

    In modo particolare Cicerone, il quale, da buon tradizionalista romano, è programmaticamente contrario all’idea epicurea del vivere in separatezza dalla Società e dal suo motore, la politica.

    Del resto Cicerone è ostile anche verso Catullo e la cerchia dei poetae novi, i quali, per non aderendo all’epicureismo, in concreto proprio questo fanno: vivere nel disimpegno la propria vita, secondo modalità lontane dalla tradizione romana, e manifestarsi attraverso un’arte nuova, un’arte poetica destinata a cantare gli amori personali e l’esistenza scapestrata, infrangendo il precetto antico, secondo cui anche la poesia doveva avere come oggetto e fine soltanto Roma e la collettività romana.

    Un altro Diogene, di Enoanda in Turchia asiatica, vissuto nel II secolo dopo Cristo, un ricco epicureo, entusiasta della dottrina, volle darne una diffusione la più vasta possibile, e fece approntare una enorme epigrafe, nella quale sono riportati importanti e diffusi passi della dottrina, nonché di lettere di Epicuro.

    E tale grande epigrafe è stata ritrovata nel 1884.

    Un’altra fonte dell’epicureismo

    Per la conoscenza della dottrina è fondamentale il poema di Lucrezio, autore romano della seconda metà del I secolo a.C., il “De rerum natura”, che, messo all’indice prima dal potere romano e poi da quello della Chiesa cristiana, è tornato alla luce ad opera di Poggio Bracciolini nel XV secolo, in pieno clima di recupero dei testi antichi, in linea con la convinzione degli intellettuali rinascimentali, che nell’epoca antica vedevano un periodo di alta fioritura intellettuale, a cui poi facevano seguire un lungo periodo storico, quello che a loro giudizio è stato un’epoca di tracollo della civiltà, chiamato con il titolo di Medio Evo, età di mezzo tra la gloriosa antichità romana e la rinascita, o il Rinascimento, secondo la loro definizione.

    Il ritrovamento dell’opera di Lucrezio, è stato una delle molle per lo slancio del progresso scientifico, che caratterizza anche la nostra epoca, con quel suo richiamo all’uso della ragione, la razionalità scientifica.

    Di straordinaria importanza per la conoscenza della dottrina sono stati e sono tuttora i ritrovamenti nella villa dei papiri ad Ercolano, la casa di Lucio Calpurnio Pisone Cesonino, padre di Calpurnia, moglie di Cesare. una serie di rotoli di papiro, opera di Filodemo di Gadara, caposcuola epicureo, carbonizzati, eppure leggibili. il loro srotolamento esige una grande cautela e capacità tecnica, data la friabilità del materiale, ma è notizia di qualche giorno fa circa l’ipotesi dell’uso della intelligenza artificiale per compiere l’operazione.

    Ci sono anche tre lettere del Maestro a suoi seguaci.

    Qui ora si propongono alcuni stralci della lettera a Menèceo, il cui argomento è la felicità. il testo completo è facilmente recuperabile in rete. Dice Epicuro:

    “Il giovane non aspetti a dedicarsi alla filosofia, e nemmeno il vecchio si stanche dal farlo. Non si è né troppo giovani né troppo vecchi per la salute dell’anima. Chi dice che non è ancora giunta l’età di filosofare, o che l’età è già passata, è simile a chi dice che non è ancora giunta o è già passata l’età per essere felici.

    Gli dèi esistono: evidente è infatti la loro conoscenza; non esistono piuttosto nella maniera in cui li considerano i più, perché, così come li reputano, vengono a togliere loro ogni fondamento di esistenza. Empio non è colui che rinnega gli dèi del volgo, ma chi applica agli dèi le opinioni del volgo… I più grandi danni e vantaggi sono lontani dagli dèi. Questi, dediti di continuo alle proprie virtù, accolgono ciò che è a loro simile, e considerano come estraneo ciò che non è simile a loro.”.