Giotto è considerato senza ombra di dubbio uno dei più grandi pittori italiani, ma forse non tutti sanno che fu anche un valido architetto.
La sua abilità nel tracciare segni è leggendaria.
Lo storico dell’arte Giorgio Vasari racconta che un giorno papa Benedetto XI inviò un suo delegato nello studio del famoso artista per ottenere una prova delle sue capacità artistiche da portare al pontefice, che stava selezionando i migliori artisti italiani.
Mentre gli altri “colleghi” consegnarono al legato i loro dipinti migliori, Giotto si limitò a disegnare con un solo tocco di pennello uno “O” perfetta, senza l’aiuto di alcuno strumento, dicendo allo stupefatto delegato di portare quel foglio di carta a Benedetto XI.
Il papa non ritenne necessario sottoporre l’artista ad altre prove.
Nella nostra città Giotto giunse nei primi mesi del 1302, probabilmente su indicazione dei frati francescani della basilica d’Assisi per eseguire affreschi all’interno della Basilica del Santo. Approfittando del soggiorno di Giotto a Padova, Enrico Scrovegni gli commissionò la Cappella degli Scrovegni, capolavoro della pittura del Trecento italiano ed europeo, che contiene il ciclo più completo di affreschi realizzato durante la sua maturità.
Con questi affreschi Giotto racconta, in modo poetico ed umanissimo, le storie della Madonna e di Cristo.
Dopo Padova, Giotto, conteso dai signori delle ricche città, si mosse fra Ravenna, Bologna, Verona e Rimini, per tornare periodicamente a Roma.