L’Abbazia di Montecassino ha una storia lunga e complessa. Fondata nel VI secolo, è stata più volte distrutta e ricostruita nel corso dei secoli.
La sua ultima ricostruzione, dopo la distruzione durante la Seconda Guerra Mondiale, ne ha ristabilito lo splendore originale, preservando la sua struttura e i suoi tesori artistici.
L’Abbazia ha avuto un ruolo fondamentale nella storia del monachesimo occidentale e nella conservazione della cultura e delle arti durante i periodi più bui del Medioevo.
Oggi, rappresenta un simbolo di pace e di rinascita, visitata da pellegrini e turisti da tutto il mondo.
Un capolavoro architettonico
L’architettura dell’Abbazia di Montecassino è un magnifico esempio di arte e storia. La basilica, con le sue maestose facciate, i ricchi mosaici e gli affreschi, è un gioiello dell’arte sacra.
All’interno, la chiesa ospita opere d’arte di inestimabile valore, tra cui affreschi, sculture e manoscritti antichi.
Il museo e la biblioteca
Il Museo dell’Abbazia racchiude una collezione di arte sacra, manoscritti e reperti archeologici che raccontano la storia del monachesimo e dell’arte cristiana.
La biblioteca dell’Abbazia, con i suoi preziosi manoscritti e codici, è un tesoro di conoscenza e un importante centro di studi
Il periodo d’oro dell’Abbazia di Montecassino
Nel 949, con il ritorno a Montecassino, al seguito dell’abate Aligerno, ha inizio per il cenobio cassinese la ricostruzione.
La rinascita è insieme spirituale, culturale e materiale e segna l’avvio di un lungo periodo di splendore che l’Abbazia raggiungerà compiutamente nel secolo successivo, nella seconda metà dell’XI secolo.
Sempre più saldamente ancorata alle sorti dell’impero germanico nelle sue lotte contro quel che resta del dominio bizantino nel sud Italia, è posta sotto il governo di abati graditi all’imperatore, come Teobaldo (1022-1035) e poi Richerio (1038-1055).
In questa fase, si accrescono la specializzazione e la fama dello scriptorium e della scuola dei copisti e dei miniaturisti di Montecassino.
La riforma liturgica e spirituale esprime un’inversione di tendenza rispetto al disordine del periodo dell’esilio e una spinta al rinnovamento disciplinare e morale del cenobio. Montecassino è una fucina di santi e ospita tra le sue mura importanti visitatori provenienti da monasteri italiani ed europei: san Nilo da Grottaferrata, san Guglielmo da Montevergine, san Odilone da Cluny, san Adalberto da Praga, san Bernardo da Chiaravalle, san Pier Damiani…
Sede episcopale, commenda e ingresso nella congregazione di Santa Giustina
Per quasi cinquant’anni, dal 1322 al 1367 l’Abbazia di Montecassino è sede episcopale, a cui è elevata dal papa Giovanni XXII con la bolla Supernus opifex.
Ma l’assenza degli abati-vescovi dalla sede, le scorribande del capitano di ventura Giacomo di Pignataro e soprattutto il devastante terremoto del 1349 provocano la rovina dell’antico monastero.
È papa Urbano V, il 31 marzo del 1367, a sopprimere l’episcopato, ripristinare lo status di abbazia e nominare un nuovo abate, il monaco camaldolese Andrea da Faenza a cui è demandato il compito di affrontare la situazione di degrado in cui versa il cenobio e ripristinare l’osservanza della Regola. Una missione portata avanti anche dal suo successore Pietro de Tartaris (1374-1395), ma gli abati che si susseguono a cavallo tra il XIV e il XV secolo e una nuova fase di instabilità politica derivante dalle lotte tra francesi e spagnoli per la successione nel regno di Napoli aggravano nuovamente la situazione, che sfocia nel 1454 nell’affidamento dell’Abbazia in commenda.
Dal 1465 al 1504, una serie di cardinali si sussegue alla guida del monastero, senza tuttavia risiedervi: il cardinale Ludovico Trevisan, papa Paolo II, il cardinale Giovanni d’Aragona, e infine Giovanni de’ Medici.
Una fase segnata anche dallo sfruttamento e dall’appropriazione dei beni materiali dell’abbazia e dei tesori di carta della sua biblioteca.
All’alba dell’età moderna, è l’ingresso di Montecassino nella congregazione di Santa Giustina (1504) a segnare la fine di questo periodo.
Nata circa un secolo prima sulla spinta della riforma promossa dall’abate del monastero benedettino di Santa Giustina a Padova Ludovico Barbo, la congregazione ha riunito nel suo nome alcuni monasteri e, all’ingresso dell’abbazia di Montecassino cambia la sua denominazione in congregazione cassinese.
L’età moderna
Nel XVI secolo il cenobio cassinese, che ormai gravita nell’orbita del regno di Napoli e dei suoi governanti, vive un’autentica rinascita grazie alla dedizione dei suoi abati, tra i quali si distinguono Eusebio Fontana da Modena e, più tardi, l’illustre umanista fiorentino Ignazio Squarcialupi.
A loro si devono il ripristino della vita monastica e della stretta osservanza, la riorganizzazione amministrativa dell’abbazia, la ripresa dell’attività dell’archivio e della biblioteca e degli studi, il rinnovamento architettonico del complesso.
Nel cenobio cassinese si distinguono maestri e letterati quali il poeta, letterato umanista Onorato Fascitelli, il poeta Leonardo Sforza degli Oddi, il teologo, biblista, maestro di ebraico, greco e latino Angelo de Faggis, che sarà poi abate di Montecassino; i maestri miniaturisti Giovanni Boccardi e Matteo da Terranova; il docente di diritto canonico Benedetto Canofilo da Castel di Sangro; Zaccaria Sereno, già cavaliere di Malta prima di diventare monaco a Montecassino; l’archivista e bibliotecario Erasmo Gattola, che accoglierà a Montecassino i confratelli studiosi Jean Mabillon e Bernard de Montfaucon.
Nel clima della controriforma, si apre il seminario diocesano. Tra XVI e XVII secolo sono chiamati a contribuire al cantiere del monastero e alla costruzione della nuova basilica architetti quali Antonio da Sangallo il Giovane, e il Bramante, al quale si deve la meravigliosa Loggia del paradiso, distrutta nel bombardamento del 1944.
E, più tardi, gli architetti Orazio Torriani e Cosimo Fanzago e i pittori Luca Giordano, Sebastiano Conca, Francesco Solimena… La basilica è consacrata da papa Benedetto XIII nel 1727.
Alla fine del XVIII secolo, sono le truppe di Napoleone Bonaparte ad arrestare questa fase di fioritura della vita monastica nell’abbazia, saccheggiando gli edifici e appiccando incendi. All’inizio del nuovo secolo, quindi, le leggi di soppressione (1806-1807) promulgate da Giuseppe Bonaparte, re di Napoli, stravolgono la struttura religiosa, amministrativa ed economica dei monasteri del regno: l’abbazia diventa uno “Stabilimento di oggetti d’arte e antichità”, praticamente un museo, mentre l’abate e pochi monaci sono autorizzati a restare in qualità di custodi, sotto la supervisione dell’esercito.
Il ritorno alla normalità, dopo la restaurazione, è di breve durata. Presto si innescano i primi moti rivoluzionari e si profilano le guerre risorgimentali.
Il cenobio cassinese dall’Unità d’Italia ad oggi
Con l’annessione del Regno delle Due Sicilie al Regno di Sardegna e la proclamazione del Regno d’Italia (1861), si teme che il monastero venga soppresso e la millenaria storia del cenobio cassinese profanata.
Sono molti ad intercedere in favore dell’Abbazia di Montecassino presso il nuovo governo, come il britannico William Ewart Gladstone, in seguito primo ministro.
Tra i monaci cassinesi, molti dei quali ferventi patrioti, si distingue Luigi Tosti che rivolge un accorato appello al neonato parlamento italiano S. Benedetto al Parlamento nazionale.
Ma la legge 7 luglio 1866 n. 3036, per la soppressione delle Corporazioni religiose, dichiara Montecassino monumento nazionale.
Il monastero diventa sede della diocesi cassinese, di cui l’abate è l’ordinario, e residenza del capitolo dei monaci.
La gestione del suo straordinario patrimonio è posta sotto il controllo del governo italiano.