Il pilum era una particolare tipologia di giavellotto, che venne utilizzato dall’esercito romano contro i loro numerosi nemici che cercarono di oltrepassare i confini dell’impero.
Il suo uso precede però di molto la nascita di Augusto e risale agli ultimi anni del periodo monarchico, quando Roma era governata dai re Etruschi.
Le prime prove dell’uso del pilum da parte degli eserciti romani risalgono al IV a.C., ovvero al periodo delle guerre svolte dai romani contro i Celti che abitavano la Pianura Padana.
Il particolare vantaggio del pilum rispetto ad altre armi (tra cui anche il gladio, la spada ufficiale dei legionari romani) era che risultava essere la migliore arma da lancio disponibile dell’epoca.
Era infatti una lancia particolarmente leggera e ciò consentiva di raggiungere distanze superiori.
Tuttavia, era al contempo abbastanza resistente da trafiggere gli scudi e i corpi corazzati delle truppe avversarie, arrestandone l’impeto nei momenti della carica.
A differenza inoltre di altre armi da lancio, che potevano essere prese dal terreno e scagliate successivamente contro i romani (con un chiaro svantaggio tattico), il pilum aveva una punta flessibile, che si curvava al momento dell’impatto.
Ciò impediva alle truppe nemiche di scagliare i pilum abbandonati sul terreno contro i loro legittimi proprietari e rendeva inutilizzabili gli scudi, appesantiti dalle punte di ferro.
Nel caso in cui un pilum centrava poi in pieno un avversario, il piegamento della punta rendeva ancora più strazianti le ferite inflitte al nemico e impediva ai medici di estrarre l’arma dalla carne delle vittime sui campi di battaglia.
Fra i principali estimatori dell’uso del pilum abbiamo Cesare e Plutarco, che nelle loro opere descrivono spesso dei combattimenti risolti proprio grazie all’impiego dei giavellotti.
Alla fine, però, l’uso del pilum rappresentò un problema economico gravoso per lo stesso esercito romano.
Quando il numero delle guerre civili divenne sempre più frequente, con la crisi del III secolo, l‘impiego di queste armi provocò un elevato numero di morti fra le truppe romane e la costante richiesta dei fabbri dell’esercito del ferro per realizzare nuovi giavellotti provocò una scarsità di questo minerale in tutto l’impero.
Produrre sempre più pilum impoverì quindi lentamente i vari eserciti, finché il loro uso venne abbandonato proprio nel III d.C., anche a seguito dell’aumento del numero di soldati impiegati nell’arcieria e nella cavalleria, in una revisione tattica militare che ridusse il valore della fanteria in battaglia.